venerdì 31 ottobre 2014

Postacci 1 - Luoghi da paura.


Buuuuuuh!
Posti paurosi.
Posti spaventosi.
Luoghi nati dalla voglia dell'uomo di non farsi mai gli affari propri combinandone immancabilmente una delle sue per poi dare la colpa - poveretti - ai fantasmi.
Di seguito un microscopico elenco di luoghi famosi e paurosi.
O almeno così dicono quelli che non sono passati per casa mia la domenica pomeriggio. (Vedeste che casino!)
Nota: se c'è una cosa paurosa in questo post, è la formattazione.
Perdonatemi.

martedì 30 settembre 2014

Teoria delle località centrali. Walter Chistaller

Io e Walter Christaller abbiamo molto in comune. Così come tutti quelli che, come me, hanno studiato Geografia ha compiuto un percorso intellettuale tutto suo per poi comprendere - forse - che questo andava in qualche modo imbrigliato.
Walter - lo chiamo per nome perché lo conosco da tanto tempo ormai - era figlio di un pastore protestante e di una scrittrice. Dapprima si diede alla filosofia per la quale, ammettiamolo, non deve aver nutrito grande amore visto che poi si diede all'economia.
Eppure nemmeno questa materia doveva piacergli granché visto che poi si diede all'agrimensura,  e alla vita all'aria aperta.
Siccome gli individui non sono la somma delle loro parti ma molto di più, ecco che ci imbattiamo in un Walter pacifista, che se fosse nato negli anni '60 del novecento sarebbe stato un eccellente figlio dei fiori, per poi finire - accidenti - a collaborare con i nazisti la cui compagnia gli permise di sperimentare l'organizzazione dei territori annessi utilizzando la sua Teoria delle località centrali.

venerdì 11 luglio 2014

Monopoly - Una (re)interpretazione (re)alistica

E se volessimo trasferire la città del Monopoly -pardon- di Tabellone nel mondo reale, cosa accadrebbe?
Se inserissimo all'interno delle ferree regole di gioco quelle altrettanto rigide del mondo reale e, perché no, geografico?
Cosa accadrebbe se iniziassimo a parlare di territorio reificato, realizzato, trascinando Tabellone qui sulla terra?
Il risultato che ho ottenuto - non precisissimo e spero che chi mi legge possa perdonarmi per questo - si basa sulle informazioni della storia del gioco reperibili in rete e sulle idee che che le regole di gioco suggeriscono. Il tutto in parte reinterpretato secondo le regole della storia e della geografia.


venerdì 4 luglio 2014

Monopoly - Un'analisi della città più giocata del mondo

Il gioco del Monòpoli o Monopoly come era in origine, è forse stato il più giocato di tutti i tempi.
Più dell'estenuante Risiko o dello strategico Forza Quattro e persino più di Gira la moda il Monòpoli è sempre stato in grado di attirare milioni di persone attorno al suo tabellone. Persone che si sono misurate nell'allegro gioco del monopolio senza minimamente curarsi di cosa effettivamente stessero mettendo in gioco.
Sì perché a ben vedere è un gioco malandrino, che non guarda in faccia a nessuno, che fa del mero guadagno il suo scopo finale. Insomma vince chi per primo riesce a mettere gli avversari sul lastrico e a conquistare le finanze dell'intera città. Il vincitore ha il monopolio sull'intera città di Tabellone.

lunedì 23 giugno 2014

Esploratori Italiani - Silvino Gonzato

Chi è l'esploratore?
Colui che vive un'avventura a la Indiana Jones?
O chi la sua scoperta la riporta indietro magari condividendola con altri?
Questo grazioso libro dal titolo Esploratori Italiani, non può e non rappresenta un catalogo di tutti gli esploratori nostrani.
Piuttosto racchiude dei ritratti, sei per la precisione, di uomini che avevano in comune l'irrequietezza e la necessità di partire, di muoversi perché il mondo in cui erano nati gli andava troppo stretto.
Chiariamo subito che l'esploratore medio del nostro paese non è mai stato quello che ci immagineremmo e questo è forse dovuto a una serie di congiunture storiche che, ancora oggi, non si sono del tutto saldate.
Se altri paesi come la Francia, il Regno Unito o la Germania, paese lo erano già da un bel pezzo -che fossero regno o stato è poco importante, quello che è importante è che fossero una cosa sola già da almeno un paio di secoli - l'Italia era appena stata messa insieme, almeno su carta e, di certo, intenta com'era a cercare di fiorire non aveva ancora maturata quella malizia necessaria all'esplorazione a fini coloniali.
I nostri esploratori erano spesso persone provenienti dalle esperienze e dalle condizioni di vita più disparate.
C'erano il figlio del benestante, il galeotto, i missionari, i falliti, i sognatori, i delusi o frustrati dalla vita o semplicemente in cerca di una rivalsa.
Rivalsa che andavano cercando in Africa anche con l'idea di cancellare dalle mappe quel hic sunt leones o hic sunt dracones (qui ci sono i leoni - qui ci sono i draghi) che i cartografi del passato avevano redatto per quei luoghi di non sapevano assolutamente nulla.
Ma forse l'Italia dell'epoca non aveva o non voleva guardare a questi uomini -etichettati più come avventurieri che come esploratori- che cercavano sì il prestigio personale, ma volevano anche portare il proprio paese a primeggiare vicino le grandi potenze europee.
Non è quindi un caso che in molti di questi dovettero rivolgersi alla Francia, alla Germania o addirittura all'Argentina per ricevere i finanziameneti necessari alle loro spedizioni.
Addirittura ci fu chi di finanziamenti non ne volle affatto e partì da solo senza soldi e senza nessuna potenza a spalleggiarlo.
Brevemente, ecco di chi si parla in queste pagine.

Pietro Savorgan di Brazzà: nobile friulano si arruolò con la marina francese per esplorare l'Africa e col desiderio di estirpare il traffico degli schiavi.
Guglielmo Massaja: prete fatto in fretta cardinale al solo scopo di essere lanciato alla sbaraglio presso i popoli Galla dell'Abissinia. Dopo mille peripezie, tra cui inseguimenti, rapimenti e così via, la sua missione fallì. Ebbe però il tempo di divenire mago e guaritore. Le popolazioni che lo ospitarono sono ancora in attesa del suo ritorno.
Giovanni Miani: Dopo aver dilapidato i beni di famiglia nella redazione di una enciclopedia universale della musica e aver inseguito il conseguente sogno di diventare musicista, si mise in testa di trovare le favoleggiate sorgenti del Nilo.
A tal proposito queste furono un mistero per moltisismo tempo. Tanto che già Bernini secoli prima,  lo rappresentò -nella celebre Fontana dei quattro fiumi in Piazza Navona- come un uomo dal volto coperto.
Ancora oggi si discute su quale siano le effettive sorgenti del Nilo che si divide in Bianco e Azzurro. Le sue acque partono dal lago Tanganika, ma a sua volta questo lago è alimentato da un serie di fiumi e rigagnoli dai nomi più disparati.. E' solo superato il lago Vittoria, dopo un tragitto di circa 500 km che finalmente assume il nome Nilo.
Giovan Battista Cerruti: nasce come imprenditore. La sua idea geniale di inscatolare ananas gli venne soffiata via dai soci. Troppo buono per fare il capitano d'impresa, poco fortunato per essere capitano di mare, grazie al proprio carattere mite e alla sua affabilità riuscì a entrare nelle simpatie e a divenire sovrano di una temutissima tribù di avvelenatori con i quali visse per più di quindici anni.
Giacomo Bove
: Unico italiano a partecipare alla spedizione per la ricerca del passaggio a nord-est, cercò la pace dell'animo in successive spedizioni in sud America.
Augusto Franzoj
: scapestrato, incosciente, amante delle donne e delle risse immotivate, partì da solo senza il becco di un quattrino, con una scimitarra e una pistola al fianco, per cercare di riporatre in patria le ossa dell'esploratore Chiarini di cui l'Italia si era -evidentemete- dimenticata. Affrontò la terribile regina di Ghera e fece ritorno in patria dove...

Sei persone eroiche, sei uomini rappressentativi tra i molti che l'Italia, ancora oggi, non può o non vuole aiutare.

Storie di uomini raccontate con piglio coinvolgente, mai pedante o saputello.
Esploratori Italiani
Silvino Gonzato
Neri Pozza

giovedì 20 marzo 2014

Fusi orari. Il mondo a spicchi.

Quando non c'era il treno era tutto più semplice. Ci si muoveva meno, le mezze stagioni stavano al loro posto e soprattutto si arrivava sempre in orario a qualsivoglia appuntamento. "Ci vediamo quel giorno" si dicevano i nostri antenati, e tutto andava bene.

mercoledì 12 marzo 2014

La città e le città.



A che pensi se dico la parola città?
A infiniti palazzi che grattano il cielo? A fontanili storici o sculture moderniste nei centri periferici? Al traffico? Agli autobus che non passano mai?
La città è tutto questo ma la città è anche altro.
Partiamo dal presupposto che una città può essere considerata non solo come ente geografico ma come vero e proprio soggetto -vivo- in grado di interagire col territorio che la circonda, e che è in grado di raggiungere.
Ci sono vari criteri per dire che un centro abitato è una città: i servizi che queste offrono, il numero degli abitanti, l'ampiezza dell'edificato non tutti presenti contemporaneamente, tantomeno tutti necessari al suo riconoscimento.
La città nasce storicamente come luogo privilegiato di scambi, di commerci, di informazioni in epoche in cui la distanza tra un centro abitato e l'altro era tale tanto che queste erano quasi isolate.
Ma come nasce?
Gli accidenti storici che portano alla fondazione di una città sono i più disparati; possiamo però ricorrere a una classificazione -molto ampia- di queste racchiudendole in due grossi insiemi.
Le città spontanee: che nascono assecondando le esigenze di un gruppo umano e senza alcun piano regolatore. Una città spontanea prende forma dove si possono instaurare rapporti con altre popolazioni o dove c'è acqua in abbondanza o sicurezza.
Nel corso del tempo, se l'insediamento perdura, viene coinvolto in un piano regolatore che ne assesta il profilo.
Le città di fondazione o pianificate: messe prima sulla carta e poi costruite seguendo criteri ben precisi; seguendo un'ideale politico, militare o semplicemente di ordine pratico.
L'esempio più semplice di città di fondazione, riconoscibilissimo nelle nostre realtà cittadine, è quella che nasce attorno a un accampamento, spesso stabile, di un esercito romano.
Due grandi strade venivano disegnate perpendicolarmente (a croce insomma) e intorno ad esse costruiti i ripari e le fortificazioni.
Questi accampamenti si chiamavano castra; le strade potevano essere tracciate seguendo l'orientamento orografico del luogo -secondo natura- o posizionate assecondando la posizione delle stelle.
Castro Pretorio o gli Champ de Mars (i campi di Marte)
  sono esempi di luoghi di fondazione la cui origine resiste ancora  nel toponimo.
Città di fondazione, nate con scopi ben diversi da quello militare, sono rappresentate da Madrid -fondata nel 1571 e Washington -1791.
Si tratta di città nate con l'intento di governare lo spazio e di divenire simbolo del paese che rappresentano.
Le città pianificate, possono inoltre avere forme complesse; legate magari a ideali filosofici, difensivi, o puramente estetici.

Palmanova (Ud) Città fortezza
La città desta inoltre interesse per la sua pianta e il modo in cui questa si sviluppa.
Intesa come soggetto vivo,  per la sua capacità di esercitare attrazione quasi fosse un centro di gravità permanente, è in grado di richiamare la popolazione per i motivi più disparati: di studio, salvaguardia sanitaria e così via. Ma questo è materiale per un altro post. 


venerdì 21 febbraio 2014

Toponimi. Perché i nomi sono importanti.

Scegliere un nome è una cosa seria.
Pensateci bene; è una delle cose più difficili da fare. Non si tratta semplicemente di legare una parola a una persona a un oggetto o a un luogo. Scegliere un nome significa costituire un legame, indissolubile, con l'oggetto o il soggetto che il nome lo riceve, con chi gli sta intorno, e con le nostre memorie.
I nomi propri di persona sono legati tutti a un significato la cui etimologia è spesso ignorata. In quanti per esempio, hanno la fissazione di chiamare la figlioletta Andrea, perché pensano che sia un nome che finisce per A e che quindi va bene anche a una femminuccia? Andrea significa -più o meno- maschio, virile, aggettivi che hanno poco a che fare con la femminilità.
Lo stesso accade per i nomi dei luoghi (i toponimi) che frequentiamo, che conosciamo -anche solo per sentito dire- in cui ci aggiriamo e di cui non conosciamo la provenienza.
I nomi dei luoghi sono stati e sono tuttora, strumenti di riconoscimento per orientarsi nello spazio.
Quando ancora non esistavano mappe stradale o carte geografiche alla portata di tutti, si indicava il luogo da raggingere semplicemente descrivendolo magari con un nome, un aggettivo o un soprannome che ne connotassero non solo le caratteristiche ma la memoria comune "Vado a trovare mia suocersa" "E dove si trova?" "Lì, vicino la Garbatella."
E con Garbatella si indicava un'osteria dove, a servire i pellegrini e i viaggiatori stanchi, si prodigava una certa ostessa particolarmente garbata e bella.
I toponimi hanno importanza per i loro significati, per l'etimologia e per il valore culturale che assumono in relazione alla popolazione a cui sono legati e che riflette il rapporto diretto tra l'uomo e l'ambiente divenendo elemento concreto a tutti gli effetti.
Dunque la toponomastica è lo strumento utile con cui ricavare informazioni utili alla ricostruzione di un paesaggio, di un percorso, di un fatto storico che hanno caratterizzato determinati luoghi.
Possiamo suddividerli in tre gruppi:
  1. Propri: che si riferiscono a città, nuclei abitati, fiumi. Ogni toponimo in questo caso dovrebbe essere unico e univoco. Ma bisogna tenere conto anche del significato che una popolazione lega a una certa parola o risalire all'accidenti storico che a portato alla scelta di un nome simile a uno già esistente.
    A ogni modo, quando due toponimi sono simili, si fa distinzione legando un aggettivazione un uno dei due.
  2. Comuni: e derivano dalla toponomastica dialettale.
  3. Complessi: toponimi composti dall'unione di più significati o dall'incontro di un toponimo proprio con uno comune o da uno proprio legato a una aggettivazione.
Ora che sappiamo tutte queste belle cose, che ci facciamo?
Io dico un bel gioco. Basta guardarsi leggere intorno a noi per scoprire o riscoprire che i luoghi in cui viviamo sono intrisi di storie incredibili e di storie meravigliose.
Non ci credete?

martedì 11 febbraio 2014

Cartografia storica 1. Quando il mondo non era ancora una certezza. Il primo meridiano e il primo parallelo


Ci avete mai pensato?
Quand'è che nasce l'idea del mondo e quando quella della sua forma?
Alla prima domanda non saprei cosa rispondere, non credo ci siano ancora risposte ufficiali in questo senso, alla seconda posso provarci.
Ebbene l'idea della forma del mondo nasce con la necessità di misurare, controllare e classificare il luogo in cui si vive.
E' un'idea ovvio, come idea era la geografia dell'antinchità, tutta filosofica, perché era disciplina propria dei filosofi.
E io me li immagino questi signori, tutti presi a confabulare sul modo in cui debba essere rappresentato idealmente il mondo.
Sì idealmente, perché a nessuno in tempi remoti, era mai passato per la testa di mettere su carta -o il supporto che avevano- la loro idea di mondo.
Nella Grecia antica, culla della civiltà e del pensiero geografico, non si poteva andare in nessun posto con un click, non c'erano abbastanza mezzi per poter esplorare come si deve il pianeta.
E i viaggiatori -mercanti, soldati, vagabondi ogni genere e risma- , se fortunati, tornavano con strani resoconti di luoghi molto freddi, o molto caldi, o di donne pelose, che poi venivano classificati e ragionati dagli eroici filosofi che discettavano della misura del mondo.
Insomma, si cercava di darsi da fare col pensiero scientifico ma si lavorava anche molto di fantasia.
I resoconti dei viaggiatori, per quando potessero essere precisi, passavano spesso di bocca in bocca, di orecchio in orecchio e -come nel fatidico gioco del telefono senza fili- si tramutavano inevitabilmente in altro.
Ecumene: la porzione di Terra conosciuta veniva raccontata con questa parola e fuori di essa c'era il mistero.
Si iniziò di prendere le misure al pianeta quando, dopo essere stato raccontato in tutte le salse ed elencato a non finire, Dicearco da Messina sentenziò che era forse giunto il momento di tirare una linea di riferimento su una carta -dell'Ecumene appunto- e lo fece disegnandone una che andava dalle Colonne d'Ercole fino al caucaso indiano e un'altra ortoganale -verticale insomma- che andava da nord a sud.
Convinto sostenitore della sfericità del pianeta, tirò queste linee da ovest a est passando naturalmente per Atene, e da nord a sud,  divennero le prime linee di parallelo e meridiano della storia.
Sua, insieme ad altri illustri colleghi che se cercate su wikipedia li trovate tutti, fu anche l'idea di effettuare della misurazioni effettive della circonferenza del pianeta.









martedì 21 gennaio 2014

Proiezioni 2. Quella più usata? Ma quella di Mercatore!

Ma insomma come si fa un proiezione? Come la ottengo?
E poi, dove posso trovarne un esempio facile, facile che così capisco?
La proiezione usata più comunemente è quella di Mercatore che ebbe la felice intuizione di infilare una palla in un cilindro... più o meno. Per dirla bene, si tratta di un proiezione cartografica conforme e cilindrica.
Mercatore pensò bene di avvolgere una sfera all'interno di un cilindro. Le due forme, lì dove si toccano, si dicono tangenti e questo accade all'altezza dell'equatore.
Facendo un ulteriore sforzo di immaginazione
facciamo attraversare queste due forme da una serie di piani che tagliano la sfera orizzontalmente e che andranno a dare luogo ai meridiani.
Proiettando dal centro della Terra, tutti i punti dei meridiani sulla superficie del cilindro, detti meridiani corrispondono sul cilindro alle rette generatrici.
 
CHE?
Insomma avremo su un piano i famigerati meridiani e paralleli, una griglia per  cercare un punto, un luogo o per caprie dove diamine è posizionata la meta delle nostre vacanze.
Come ogni mappa di proiezione, che tenta di rappresentare una superficie tridimensionale su un foglio piano, la forma della mappa è una distorsione della reale forma della superficie terrestre.
La proiezione di Mercatore esagera le dimensioni delle aree lontane dall'equatore, che sono poi le più lontane dal punto di tangenza palla-cilindro.
Google Maps attualmente usa proprio la proiezione di Mercatore
e anche qui, nonostante tutte le gagliarde lavorazioni che ci hanno fatto sopra, la distorsione per alcune aree del pianera -quelle più lontane dall'equatore- sono evidenti.

E in Italia?
La nostra nazione con le proiezioni che diventa? Uno scarponcino o uno stivale tacco dodici?
L'Italia, adotta la proiezione cilindrica di Mercatore (UTM) o conforme di Gauss (che prevede che le forme solide si poggino ai meridiani e non ai paralleli. La proieizione di Gauss si ottiene per via analitica -con i calcoli per intenderci e non geometrica), costruita con un cilindro tangente a un meridiano e non all'Equatore. In questo modo la proiezione, teoricamente solo conforme, diventa equidistante e, entro certi limiti, anche equivalente.

Spero di avere detto tutto. Ah no, dimenticavo. Quando il prossimo complottista vi dirà che siete stati ingannati, che la Papuasia è più grande di Laputa,e cercherà di dimostrarvelo carta alla mano, chiedetegli su quale proiezione è stata costruita quella carta lì e spiegategli la faccenda della distorsione.


lunedì 13 gennaio 2014

Proiezioni cartografiche 1. Quale usare è solo questione di... gusti


Abbiamo detto che la Terra non è tonda, non è ovale e che, insomma non è liscia come ci piace immaginarla.
E' insomma una specie di solido gibboso che, se lo guardiamo bene, nei secoli cambia, e ha cambiato, anche forma.
Pensarla favolosamente levigata è una comodità non da poco: è in questo modo infatti che ci risulterà più facile schiacciarla per ottenere quello che viene comunemente definito un planisfero.

martedì 7 gennaio 2014

Meridiani, Paralleli, reticolato geografico

Concluso che non possiamo riportare in due dimensioni quello che è in tre su di un piano, non ci resta altro che usare tanta immaginazione, schiacciare e approssimare il tutto e ingabbiarlo in un

venerdì 3 gennaio 2014

La forma della Terra


Orbene, sappiate che quello che state per leggere ha dello sconvolgente dell'allucinante e farà cadere -per sempre- ogni vostra convinzione in materia di astronomia.
Siete pronti? Siete seduti comodi?
La terra non è tonda!
No, non avevano ragione loro, quei mostri che che ai tempi fecero fuori Galileo e pensavano che la Terra fosse piatta -proprio come un fresbee, e che superato il bordo su sarebbe precipitati nel vuoto cosmico.

La regione

Una parola che tutti conosciamo è quella di REGIONE.
Non mi riferisco solo al Lazio, la Sardegna o il Molise; ti dirò qualcosa di più sul termine e di che cosa si tratta effettivamente.