martedì 30 settembre 2014

Teoria delle località centrali. Walter Chistaller

Io e Walter Christaller abbiamo molto in comune. Così come tutti quelli che, come me, hanno studiato Geografia ha compiuto un percorso intellettuale tutto suo per poi comprendere - forse - che questo andava in qualche modo imbrigliato.
Walter - lo chiamo per nome perché lo conosco da tanto tempo ormai - era figlio di un pastore protestante e di una scrittrice. Dapprima si diede alla filosofia per la quale, ammettiamolo, non deve aver nutrito grande amore visto che poi si diede all'economia.
Eppure nemmeno questa materia doveva piacergli granché visto che poi si diede all'agrimensura,  e alla vita all'aria aperta.
Siccome gli individui non sono la somma delle loro parti ma molto di più, ecco che ci imbattiamo in un Walter pacifista, che se fosse nato negli anni '60 del novecento sarebbe stato un eccellente figlio dei fiori, per poi finire - accidenti - a collaborare con i nazisti la cui compagnia gli permise di sperimentare l'organizzazione dei territori annessi utilizzando la sua Teoria delle località centrali.

«Walter è ora di cena, che esempio diamo ai bambini se te ne stai sempre rinchiusco nel tuo studio a infilare puntine su una carta geografica?»
Son sicuro che la moglie di Walter lo rimproverasse spesso. Sì perché quando hai un'idea fissa in testa questa difficilmente ti lascia andare fino a che non l'hai espressa. Ma non solo per quello giungevano i rimproveri: Walter rubava i fili da cucito della moglie - e gli spilli - per usarli sulla carta e unirili in forme geometriche che gli consentissero di spiegare come i centri urbani si distribuiscono sul territorio.
Ovvio che che quel come contenesse anche dei perché sui quali si lambiccò a lungo.
Ogni tanto Walter parlava anche da solo. Non si capiva bene quel che diceva se non, di tanto in tanto, il nome di una qualche città o la sigla di un qualche insediamento che gli sfuggiva chiaro e udibile.
«Walter almeno non a tavola!»
Christaller intendeva spiegare, in virtù di un esame ragionato e logico e generale, la distribuzione dei centri urbani, del perché della loro forma e come si gerarchizzassero sul territorio. Lo scopo era quello di ricercare un fondamento razionale dell'ubicazione urbana che, secondo il suo modello, avveniva per aree gravitazionali e non a casaccio come talaltri sostenevano.
All'ennesimo rimprovero della moglie Walter alzò gli occhi al cielo - ogni tanto le fastidiose e stridule vibrazioni emesse dalla compagna lo raggiungevano nonostante tutto - e proprio mentre si accingeva a risponderle per l'ennesima volta che il genio al lavoro non va mai disturbato, avvenne il fattaccio.
Con il gomito urtò la zuccheriera del servizio buono che, oscillando precipitò su un cucchiaino il quale, ahilui, funzionò da leva per la tazzina che gli era stata posata sopra dal distratto Walter rovesciando gocce di caffè sulla carta che in quel momento stava studiando.
Lì per lì la cosa lo fece imbestialire; ma non poteva dir niente: avrebbe dato così ragione alla sua amata. Si morse perciò la lingua, rimandò indietro le bestemie e prese un tovagliolo per asciugare il danno.
Ma ecco, proprio mentre cala gli occhi sulle macchie di caffè, l'idea che scaturisce. Come aveva fatto a non pensarci prima?
Le città, possono distinguersi a seconda della funzione che rivestono e cioè possono dirsi:
attive: se dirette a praticare attività produttive e lavorative,
passiva: se ridotte sul piano esclusivamente residenziale.
Oh gaudio!
Oh felicità!
Ecco che l'idea piano piano prende corpo e che gli studi economici, si dice Walter, a qualcosa son serviti. 
La teoria che elaborò si basa sull’assunzione che esistano centri urbani per lo scambio di beni e servizi (detti appunto, località centrali) che devono produrne od offrire alla popolazione spazialmente dispersa su un territorio omogeneo intorno a essi. L’obiettivo del modello è quello di comprendere come questi prodotti o beni , ed in particolare funzioni terziarie, si organizzino sul territorio dando vita a una gerarchia urbana.
Per raggiungere l’obiettivo Walter, introduce i concetti di soglia e portata: esprimendo in termini geografici le tradizionali forze economiche che organizzano le attività nello spazio ossia i costi di trasporto e le economie di scala.
Soglia: rappresenta la distanza che delimita un’area, identificata con un circolo, nella quale è compresa la quantità di popolazione minima sufficiente a garantire un livello di domanda tale per cui il servizio sia prodotto in modo efficiente.
Portata: definisce la distanza massima oltre la quale il consumatore non è disposto ad affrontare i costi di trasporto, necessari per recarsi ad acquistare il servizio.
Ogni servizio è prodotto solo se la portata è superiore alla soglia. Ossia se esiste una domanda in grado di costituire una massa critica sufficiente per offrire il servizio in condizioni di efficienza. 
Raggiunto l'equilibrio, le aree di mercato circolari definite dalla portata del servizio diventano aree di mercato dalla forma esagonale. La forma esagonale gli venne in mente succhiandosi via il miele rimastogli appiccicato alle dita durante la colazione. Le produttrici di miele, le api, utilizzano l'esagono come forma principe delle loro costruzioni per sfruttare meglio lo spazio senza lasciare aree vuote o inutilizzate nei loro alveari.
Ossia
consente di rispettare contemporaneamente le 3 fondamentali istanze formulate da Christaller:
1. La minimizzazione dei costi di trasporto per i consumatori (l'esagono è la forma geometrica più vicina a un cerchio);
2. Equità distributiva (non lasciare aree di mercato non servite);
3. Concorrenza tra produttori (ossia aree di mercato non in sovrapposizione).
Finalmente tutto gli era chiaro, Walter aveva messo insieme la sua teoria che battezzò e pubblicò in un libro dal titolo Die zentralen Orten in Süddeutsch-Land , e ogni cosa prese il giusto posto.
Negli anni '60 ricevette un sacco di onori, premi e medaglie per questa sua bella idea!
Solo sua moglie rimase molto contrariata; Walter lasciava sempre i peli sulla saponetta e non l'avvertiva mai quando prendeva un rocchetto di filo per i suoi studi.
«Che se li rammendi da solo i calzini! » dichiarò a un giornale locale.












2 commenti: