venerdì 21 febbraio 2014

Toponimi. Perché i nomi sono importanti.

Scegliere un nome è una cosa seria.
Pensateci bene; è una delle cose più difficili da fare. Non si tratta semplicemente di legare una parola a una persona a un oggetto o a un luogo. Scegliere un nome significa costituire un legame, indissolubile, con l'oggetto o il soggetto che il nome lo riceve, con chi gli sta intorno, e con le nostre memorie.
I nomi propri di persona sono legati tutti a un significato la cui etimologia è spesso ignorata. In quanti per esempio, hanno la fissazione di chiamare la figlioletta Andrea, perché pensano che sia un nome che finisce per A e che quindi va bene anche a una femminuccia? Andrea significa -più o meno- maschio, virile, aggettivi che hanno poco a che fare con la femminilità.
Lo stesso accade per i nomi dei luoghi (i toponimi) che frequentiamo, che conosciamo -anche solo per sentito dire- in cui ci aggiriamo e di cui non conosciamo la provenienza.
I nomi dei luoghi sono stati e sono tuttora, strumenti di riconoscimento per orientarsi nello spazio.
Quando ancora non esistavano mappe stradale o carte geografiche alla portata di tutti, si indicava il luogo da raggingere semplicemente descrivendolo magari con un nome, un aggettivo o un soprannome che ne connotassero non solo le caratteristiche ma la memoria comune "Vado a trovare mia suocersa" "E dove si trova?" "Lì, vicino la Garbatella."
E con Garbatella si indicava un'osteria dove, a servire i pellegrini e i viaggiatori stanchi, si prodigava una certa ostessa particolarmente garbata e bella.
I toponimi hanno importanza per i loro significati, per l'etimologia e per il valore culturale che assumono in relazione alla popolazione a cui sono legati e che riflette il rapporto diretto tra l'uomo e l'ambiente divenendo elemento concreto a tutti gli effetti.
Dunque la toponomastica è lo strumento utile con cui ricavare informazioni utili alla ricostruzione di un paesaggio, di un percorso, di un fatto storico che hanno caratterizzato determinati luoghi.
Possiamo suddividerli in tre gruppi:
  1. Propri: che si riferiscono a città, nuclei abitati, fiumi. Ogni toponimo in questo caso dovrebbe essere unico e univoco. Ma bisogna tenere conto anche del significato che una popolazione lega a una certa parola o risalire all'accidenti storico che a portato alla scelta di un nome simile a uno già esistente.
    A ogni modo, quando due toponimi sono simili, si fa distinzione legando un aggettivazione un uno dei due.
  2. Comuni: e derivano dalla toponomastica dialettale.
  3. Complessi: toponimi composti dall'unione di più significati o dall'incontro di un toponimo proprio con uno comune o da uno proprio legato a una aggettivazione.
Ora che sappiamo tutte queste belle cose, che ci facciamo?
Io dico un bel gioco. Basta guardarsi leggere intorno a noi per scoprire o riscoprire che i luoghi in cui viviamo sono intrisi di storie incredibili e di storie meravigliose.
Non ci credete?

martedì 11 febbraio 2014

Cartografia storica 1. Quando il mondo non era ancora una certezza. Il primo meridiano e il primo parallelo


Ci avete mai pensato?
Quand'è che nasce l'idea del mondo e quando quella della sua forma?
Alla prima domanda non saprei cosa rispondere, non credo ci siano ancora risposte ufficiali in questo senso, alla seconda posso provarci.
Ebbene l'idea della forma del mondo nasce con la necessità di misurare, controllare e classificare il luogo in cui si vive.
E' un'idea ovvio, come idea era la geografia dell'antinchità, tutta filosofica, perché era disciplina propria dei filosofi.
E io me li immagino questi signori, tutti presi a confabulare sul modo in cui debba essere rappresentato idealmente il mondo.
Sì idealmente, perché a nessuno in tempi remoti, era mai passato per la testa di mettere su carta -o il supporto che avevano- la loro idea di mondo.
Nella Grecia antica, culla della civiltà e del pensiero geografico, non si poteva andare in nessun posto con un click, non c'erano abbastanza mezzi per poter esplorare come si deve il pianeta.
E i viaggiatori -mercanti, soldati, vagabondi ogni genere e risma- , se fortunati, tornavano con strani resoconti di luoghi molto freddi, o molto caldi, o di donne pelose, che poi venivano classificati e ragionati dagli eroici filosofi che discettavano della misura del mondo.
Insomma, si cercava di darsi da fare col pensiero scientifico ma si lavorava anche molto di fantasia.
I resoconti dei viaggiatori, per quando potessero essere precisi, passavano spesso di bocca in bocca, di orecchio in orecchio e -come nel fatidico gioco del telefono senza fili- si tramutavano inevitabilmente in altro.
Ecumene: la porzione di Terra conosciuta veniva raccontata con questa parola e fuori di essa c'era il mistero.
Si iniziò di prendere le misure al pianeta quando, dopo essere stato raccontato in tutte le salse ed elencato a non finire, Dicearco da Messina sentenziò che era forse giunto il momento di tirare una linea di riferimento su una carta -dell'Ecumene appunto- e lo fece disegnandone una che andava dalle Colonne d'Ercole fino al caucaso indiano e un'altra ortoganale -verticale insomma- che andava da nord a sud.
Convinto sostenitore della sfericità del pianeta, tirò queste linee da ovest a est passando naturalmente per Atene, e da nord a sud,  divennero le prime linee di parallelo e meridiano della storia.
Sua, insieme ad altri illustri colleghi che se cercate su wikipedia li trovate tutti, fu anche l'idea di effettuare della misurazioni effettive della circonferenza del pianeta.